I tumori ovarici rappresentano un gruppo eterogeno di malattie con eziologia e patogenesi ancora poco conosciute. Molti di essi riconoscono una causa genetica (mutazione dei geni BRCA), ma diversi fattori possono concorrere e coadiuvare lo sviluppo di tali neoplasie come ad esempio lo  stile di vita,  le fluttuazioni ormonali, e gli inquinanti ambientali. A tutto questo si aggiunge il possibile il ruolo del microbiota.

Cos’è il microbiota? Il microbiota è un aggregato di microrganismi residenti sulla superficie della cute e delle mucose del corpo umano, il cui patrimonio genetico è definito microbioma. La sua composizione varia in base alle sedi (ad esempio l’intestino avrà un microbiota diverso dalla vagina e dalla cute) ed è influenzata da una serie di fattori legati all’ospite (essere umano) quali la genetica, il sesso, l’età, i livelli ormonali, la dieta, lo stile di vita e la razza. Tali microorganismi svolgono importanti funzioni di difesa, digestione e produzione di sostanze utili al nostro benessere. Sono di diversi tipi con differenti funzioni e in equilibrio precario, l’alterazione di questo equilibrio può portare ad una alterazione delle loro funzioni. Studi su animali hanno mostrato che il microbiota vaginale alterato potrebbe colonizzare, risalendo dalla vagina, le tube generando infiammazione e creando un terreno favorevole allo sviluppo di tumori. Potrebbe esistere una correlazione fra infiammazione e aumentato rischio d’insorgenza di patologie neoplastiche, ed esiste una diversa composizione del microbiota fra tessuto ovarico sano e malato. Tutto questo porterebbe ad ipotizzare una correlazione fra tra sviluppo di tumori, microbiota e infiammazione, tuttavia ancora da dimostrare.

L’alterazione del microbiota è data anche da condizioni quali la malattia, i trattamenti chirurgici, chemioterapici e  radioterapici che possono alterarne la struttura composizionale e funzionale. In realtà la conoscenza dell’entità di questa alterazione e le sue conseguenze è scarsa e recente, e non esistono studi che abbiano analizzato le variazioni del microbiota umano durante le varie fasi dei trattamenti medici e chirurgici.

Cos’è il Progetto MiCrO? Il progetto di ricerca Microbiome Ovarian Cancer (MiCrO), si pone l’obiettivo di valutare la composizione del microbiota intestinale nelle donne con diagnosi di tumore ovarico, nelle varie fasi della storia naturale della malattia, dalla diagnosi alla chirurgia, alle terapie adiuvanti fino a due anni di follow up. Lo studio si propone, inoltre, di correlare il microbiota con la risposta alla chemioterapia e la tolleranza ai trattamenti chirurgici e medici in generale. Ciò è possibile attraverso l’allestimento di una biobanca di campioni di feci delle donne affette da tumore ovarico raccolte nelle diverse fasi della storia della malattia, quindi temporalmente riconducibili alle fasi previste dal percorso assistenziale.

Chi partecipa al progetto? Tutte le donne affette da carcinoma ovarico che desiderino partecipare allo studio possono essere arruolate presso gli ambulatori della Oncologia Ginecologica – DeIaco del Policlinico di Sant’Orsola al momento della diagnosi. Ognuna di loro porterà successivamente dei campioni di feci in diversi momenti: diagnosi, terapia chirurgica, terapia medica e follow up. A decorrere da Gennaio 2018 ad oggi sono state arruolate 62 donne, per un totale di 100. Per oltre metà delle pazienti arruolate sono stati raccolti e inventariati tutti i campioni previsti, dalla diagnosi alla fase di chemioterapia neo-adiuvante, per arrivare a quella adiuvante post-chirurgica, al primo follow up e alla recidiva per alcune delle prime donne arruolate. Di circa 600 campioni raccolti, un terzo è stato studiato attraverso tecnologie molecolari avanzate (sequenziamento di nuova generazione del gene 16S rRNA) per la ricostruzione della struttura filogenetica del microbiota intestinale.

Quali sono i risultati? Tra i primi risultati ottenuti c’è da considerare l’alto tasso di accettazione dello studio, con un’adesione alla partecipazione pari al 60{9dd1e4187d6cbfd0f093388c14cdfe5e139b8536c90403a256750a24c79326e6} delle donne, che ha acconsentito anche alla condivisione di informazioni riguardanti il proprio stile di vita (attività fisica, alimentazione) e il proprio stato psico-fisico.

I risultati preliminari ottenuti dalle analisi sul microbioma condotte sulle prime 10 pazienti reclutate hanno rivelato la natura fortemente individuale del microbiota intestinale nella popolazione in studio, tuttavia, è stato possibile individuare un andamento comune a tutte le pazienti per il genere batterico Akkermansia, appartenente alla famiglia Verrucomicrobiaceae, la cui abbondanza relativa si è rivelata particolarmente variabile nel corso dei vari cicli di chemioterapia. Si tratta di un microorganismo mucolitico al quale sono state attribuite molteplici funzioni correlate ad un miglior stato di salute, la sua variazione durante la chemioterapia è di particolare interesse e necessita di essere valutata con molta attenzione. Ulteriori indagini sperimentali su un più ampio numero di pazienti sono indispensabili anche per approfondire quanto emerso in merito alla differenza significativa tra la composizione del microbiota intestinale delle pazienti chemiosensibili e di quelle chemioresistenti ai trattamenti proposti.

Questi primi risultati pongono le basi per il proseguimento e l’ampliamento del progetto, allo scopo di raggiungere la numerosità prevista di 100 soggetti affetti. La continuità del progetto nel tempo sarà condizione necessaria a coprire interamente il periodo di follow up previsto per ciascuna paziente, garantendo così un monitoraggio delle dinamiche e dei cambiamenti del loro microbiota intestinale anche al termine della terapia, per valutare eventuali associazioni con recidive al follow up. L’evoluzione dell’analisi in questo senso consentirà una stratificazione sempre più definita dei soggetti in che rispondo alla chemioterapia (responders) verso quelli che non rispondono (non-responders), sulla base della configurazione individuale del microbiota intestinale al momento dell’arruolamento.

In futuro, ci si aspetta che le modifiche del microbioma intestinale di pazienti affette da cancro ovarico nelle varie fasi della patologia possano essere correlabili con la tollerabilità dei trattamenti chirurgici e la tossicità dei trattamenti chemioterapici. Inoltre, una maggiore comprensione della struttura del microbiota intestinale e dei suoi cambiamenti durante la terapia potrebbe permettere di identificare predittori microbici di risposta e di sviluppare strategie di intervento mirate alla modulazione del microbiota, quali la dieta e la somministrazione di probiotici, come anche di antibiotici. Il fine ultimo sarebbe quello di ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti, i fenomeni di chemioresistenza ed eventuali recidive, migliorando così la qualità della vita dei soggetti affetti.

Chi ha reso possibile il progetto? Il progetto è molto impegnativo (oltre 600 campioni raccolti e lo sviluppo di una biobanca) e voglio ringraziare in primo luogo la Prof. Patrizia Brigidi dell’Università di Bologna e il suo staff per l’impegno preso per l’analisi di tutti i campioni (e non saranno pochi…) e per la competenza scientifica per l’analisi dei dati. La Dott.ssa Sara Coluccelli che ha seguito e seguirà le donne arruolate in  tutte le fasi delle malattia raccogliendo tutti i campioni, compito veramente arduo… Tutte le donne che hanno partecipato allo studio e quelle che lo faranno. E un grazie particolare a LOTO Onlus che attraverso i finanziamenti ha permesso la realizzazione del progetto.

Dott.ssa Anna Myriam Perrone
Oncologia Ginecologica –DeIaco

Centro di riferimento regionale per il tumore Ovarico
AOU Sant’Orsola Malpighi – Bologna

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