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Il coraggio di mamma Marta

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Marta, 34enne romana, giornalista di professione, che è riuscita a scoprire e vincere la malattia grazie alla sua gravidanza, per la quale ha lottato con tutte le sue forze fino alla nascita di Bianca Vittoria.

Uno scatto di Marta in sala parto è protagonista della nostra mostra “Scatta la rinascita” (nata dal contest fotografico) che dal 19/09/2022 è in esposizione al Policlinico Gemelli. La foto di Marta e Bianca Vittoria è una delle più votate del contest.

«Tutto è cominciato ad aprile dello scorso anno», ricorda Marta. «Non avevo alcun sintomo, ma solo il sospetto di essere incinta. Dopo il test positivo fatto a casa, con tanta gioia per il lieto evento, la conferma dell’ecografia in ospedale. Ma la ginecologa, accertando la gravidanza, si era accorta che avevo delle cisti ovariche abbastanza voluminose. E per questo mi inviò a un centro specializzato del Policlinico Gemelli di Roma per meglio valutare la situazione. Due giorni dopo sono stata sottoposta a un’ecografia transvaginale che è durata circa un’ora: lì mi sono accorta che qualcosa non andava, perché i medici parlavano tra loro in modo incomprensibile. Alla fine mi avevano prospettato di fare una biopsia perché sembrava che le cisti fossero maligne o quanto meno “borderline”. Per fare questo esame dovevano operarmi in anestesia totale, ma avrei dovuto aspettare la 13a settimana di gravidanza per non causare danni al feto. All’epoca ero alla 6a settimana e ho trascorso più di un mese nell’angoscia dell’intervento che, in un primo tempo, avrebbe dovuto essere in laparoscopia, ma poi hanno dovuto ricorrere a una tecnica più invasiva, la laparotomia. Al risveglio, appena mi hanno comunicato il referto “borderline”, dopo un esame istologico rapido, le mie preoccupazioni per la malattia sono svanite quando mi hanno assicurato che la gravidanza continuava e il feto non aveva subito alcun danno. Dopo qualche settimana, invece, il referto definitivo era cambiato: si trattava di un tumore all’ovaio maligno, precisamente un “carcinoma sieroso di basso grado”, molto raro, con un’incidenza inferiore al 5%, la cui unica soluzione era la chirurgia. Ma in questo caso avrei perso la bambina. Di fronte alla mia determinazione a proseguire la gravidanza, i medici che mi seguivano hanno ipotizzato di iniziare una chemioterapia, nella speranza che il tumore non sarebbe progredito e non ci sarebbero stati danni per la bimba, lasciando passare ancora qualche mese per poter poi partorire. Era comunque una soluzione “sperimentale”, poiché non c’erano molti casi in letteratura, nè la certezza che il tumore potesse essere fermato da questa chemioterapia. Nel caso di mancata risposta a questi farmaci, avrebbero comunque dovuto intervenire con la chirurgia.

Ho trascorso 4 mesi da incubo! Temevo che i farmaci non avrebbero avuto successo e di dover dunque rinunciare alla mia bambina. Ma ero decisa a proseguire: il mio obiettivo era di portare a termine la gravidanza e tutto il resto mi sembrava marginale. Compresi gli effetti collaterali della chemioterapia, che sono stati comunque molto pesanti. Mi sono sottoposta a 5 cicli di chemio, con infusioni della durata di sei ore, di carboplatino e taxolo, ogni 21 giorni. La mia preoccupazione era sempre quella di non danneggiare la bimba che stava crescendo in grembo. La prima chemio è stata una tragedia: ero disperata per la preoccupazione che potesse far male alla piccola. E poi ero sola, perché, con le misure anti-Covid, non c’era nessuno accanto a me, anche se il personale infermieristico è stato molto presente e sensibile. Le conseguenze sono state molto pesanti, soprattutto la nausea e la perdita di capelli, la manifestazione più evidente della malattia. Non avevo altri sintomi, ma la perdita di capelli mi confermava che ero malata. Per fortuna, tra una chemio e l’altra, facevo le ecografie per la gravidanza e vedevo la mia bimba che pian piano cresceva: identificavo il suo viso, il suo cuoricino e questo mi dava la forza di andare avanti, di superare tutte le sofferenze che le cure mi stavano procurando. Anche l’oncologa, che mi è stata sempre accanto come un’amica, mi rassicurava dicendomi che altre donne in gravidanza facevano la chemio per altri tipi di tumori e mi aveva riferito che gli unici problemi che avrebbe potuto avere la bimba erano il basso peso alla nascita e una possibile ipoacusia.

Ho finito i cicli di chemio a ottobre e il parto è stato fissato per i primi di novembre. Il 3 novembre sono entrata in sala operatoria: per il parto mi hanno fatto l’epidurale per darmi la possibilità di vedere la mia bimba. E’stata un’esperienza positiva. Mi sembrava di essere su una navicella spaziale dove tutto era molto soft: mi hanno fatto addirittura ascoltare la musica che preferivo e con estrema velocità è nata la mia bimba, per fortuna sana. Poi, in anestesia totale, hanno iniziato l’intervento per asportare il tumore, che si era nel frattempo esteso alla zona peritoneale e all’utero. E’ stata un’operazione davvero debilitante, con conseguenze pesanti, soprattutto per la cicatrice molto estesa, per i farmaci che sto ancora assumendo e perché sono andata in menopausa, con tutti i sintomi che questa comporta: vampate, sudorazione, spossatezza. In più la gestione della bimba in queste condizioni è impegnativa. Già avere un bimbo ti cambia la vita. Ma in queste condizioni è stata una situazione molto difficile, nonostante l’aiuto del mio compagno e dei miei genitori. Ma devo riconoscere che nella mia sfortuna, sono stata “fortunata”. Se non fossi rimasta incinta, avrei scoperto molto più tardi di avere un tumore e forse la situazione sarebbe stata ben peggiore e magari non più risolvibile. Invece Bianca Vittoria mi ha salvato la vita! Anzi ci siamo salvate a vicenda: lei ha salvato me, perché altrimenti non mi sarei accorta di avere un tumore. E io ho salvato lei perché ho voluto a tutti i costi proseguire una gravidanza che era comunque a rischio. Ed è stata questa la nostra reciproca “vittoria”!».

Fonte testimonianza Donna in salute – articolo di Paola Trombetta

Grazie di cuore a Marta per il suo messaggio che ha voluto condividere anche con noi.

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